Cerca nel blog

domenica 13 novembre 2011

Orta di Atella e la storia di una foto...

di Marilena Belardo

La città di Orta non dimenticherà mai il 30 settembre 1943, giorno in cui perse ventiquattro suoi cittadini a causa di sconsiderate dimostrazioni partigiane, incoraggiate dalle notizie della rivolta avvenuta a Napoli.

Persone di ogni estrazione sociale furono barbaramente sottratte all'affetto dei loro cari e il loro sangue innocente imbrattò il muro presso cui trovarono un'ingiusta morte.
Sulla lapide commemorativa che l'Amministrazione Comunale ha voluto loro dedicare , nomi di affermati professionisti, giovani studenti e anonimi operai da quel giorno ricordano a tutti come sia facile, nel clima arroventato e assurdo di un conflitto, diventare vittime innocenti.
Il 30 settembre 1943 fu il giorno più funesto della storia di Orta di Atella. Una camionetta viaggiava per la via che congiunge l'ospedale di "Pardinola" alla chiesa di San Maurizio, occupata da un gruppo di partigiani. I giovani,un giovane soldato tedesco e una ragazza italiana, temendo di essere catturati lasciarono la macchina che venne portata e parcheggiata ad Orta imprudentemente, dove fu smontata di tutti i suoi vari pezzi.



Davanti alla capanna di "Mastu Vicienzo Tizzano" si riunì qualche centinaio di dimostranti con arnesi che venivano usati come armi e un energumeno del luogo si avventò su un giovane tedesco , visto in precedenza collaborare con i tedeschi. Altri tedeschi furono catturati e rimasero nelle mani dei dimostranti ortesi alcune ore. Al passaggio dei tedeschi per le vie del paese ,si dice che un uomo sbucasse da un uscio e con boria assestasse uno schiaffo ad uno di essi. I militari nemici trascorsero qualche ora,come ostaggi, nella "torre del Bruzzusiello" improvvisata come prigione.
In seguito furono liberati,sfamati e dati loro anche degli abiti borghesi, che avevano chiesto con una certa insistenza. Comunque il camioncino , di cui i due erano conducenti, fu portato dalle parti della Crocesanta dove in pochissimo tempo fu svuotato di tutto ciò che conteneva.
Verso il tardo pomeriggio fu vista arrivare in via Chiesa una campagnola con un rimorchietto sul quale sedevano l'uno di fronte all'altro dodici soldati tedeschi armati di tutto punto con elmi, giberne, fucili, mitragliatori e bombe a mano.
Un'altra pattuglia sbucò pochi minuti dopo dall'inizio di Corso V. Emanuele, ugualmente armata.
In poco meno di un quarto d'ora il paese capì che doveva pagare per l'offesa recata ai tedeschi. Cominciarono ad entrare nelle prime case, forzando le porte, uscendone con gli uomini che vi trovavano. Sossio Serra recatosi a trovare, insieme con il quarantanovenne fratello Francesco, la sorella Concetta, vedova Migliaccio, vengono fermati sotto l'androne della congiunta.
Un bracciante, invecchiato dal duro lavoro della campagna, tornando per via S. Salvatore, vede della folla in movimento, è Massimo Sorvillo di 57 anni. Viene spinto improvvisamente avanti da altri soldati che si vede intorno. Intanto si odono delle urla, dei pianti, che provengono dalle case circostanti.
I tedeschi durante il rastrellamento catturano anche il farmacista Alessandro Di Lorenzo con il suo inquilino, l'ingegnere Guido De Sivo nativo di Chieti.
Accompagna la moglie di quest'ultimo, Maria Crucil, che, essendo una tedesca, pensa di poter parlare ai connazionali.
Un'altra pattuglia, comandata da un ufficiale, bussa fortemente al portone del Palazzo Greco.
Il portone non viene aperto subito, allora i soldati lanciano una bomba contro una porta laterale e irrompono nel cortile sparando con i mitragliatori e continuando a lanciare bombe.
La signora Viola si stringe a sè i nipotini e i figli.
Alcuni di essi piangono.
Corrado, il figlio maggiore della signora Viola, fattosi animo, si fa avanti per chiedere ragioni di tanta furia, ma i devastatori, come risposta, lo spingono puntandogli contro i mitragliatori.
Eduardo, il figlio maggiore dell'avvocato Mario, si aggrappa piangendo al padre.
Intuisce che quei brutti soldati gli vogliono portare via il suo papà.
Le donne e i bambini, implorano i soldati, ma vengono spinti in modo spietato.
Tutti debbono scendere e seguirli.
La nonna, la settantenne signora Viola, che per l'età si attarda più delle altre donne, viene rotolata per le scale.
La piazza è già affollata di gente catturata nelle altre case e per le vie: uomini di ogni età, ragazzi, donne, bambini.
In mezzo alla folla si riconosce il signore Vincenzo Castellano, marito della signora Ersilia Greco, che volutamente ha seguito i tedeschi per rincuorare il figlio diciottenne.
Dalla cella d'angolo del convento Carlo Ruta vede presso la fontana della piazza i fratelli Corrado e Mario Greco tentare di persuadere i tedeschi che essi, e tutta quella gente, non c'entrano per nulla con le dimostrazioni partigiane, che sono disposti a condurli alla Crocesanta, dove troverebbero i camion rubati. Insieme a Carlo Ruta c'è Padre Fedele, che ha 71 anni, sofferente per una grave malattia che, si pensa, non gli consentirà di superare la crisi. Per non destare la curiosità dei tedeschi ,Ruta pensa di chiudere la finestra da cui entra aria fresca che infastidisce Padre fedele e decide di lasciare la stanza. Un 'improvvisa folata di vento però la spalanca di nuovo costringendo il povero Padre Fedele che nell'alzarsi per rinchiuderla viene sparato dal balcone dei Greco.
I soccorritore non capiscono che P. Fedele sia morto così ferocemente perché non vedono sangue.
La sua fine è avvenuta fra la distrazione è lo sgomento. Lo portano in chiesa e lo adagiano su una pedana di legno, posta al centro.
Anche un povero contadino di 28 anni, Salvatore Pezzella, figlio di Micciariello, è stato raggiunto da una raffica di mitra mentre cercava di scavalcare il muro di cinta del giardino di Don Pasquale Del Prete.
Intanto gli uomini razziati vengono separati dalle donne e dai bambini e vengono spinti lungo Corso Vittorio Emanuele.
Comincia ad imbrunire.
Gli uomini ormai camminano sotto le armi spianate con quello strano coraggio, frammisto a terrore, che si prova quando si va in contro ad sorte ormai segnata. Qualcuno comincia a piangere. C'è un pò di vento. Vincenzo Castellano si stringe il figlio a sé. Ha un portamento signorile anche in quell'ora tragica.
Un ragazzo diciassettenne, Salvatore Di Letto, figlio di Pascariello il Palatino, domanda pieno di ansia agli altri sventurati "dove ci portano, dove ci portano?"
Un operaio di Pozzuoli, Salvatore Daniele, con il figlio quindicenne Antonio vanno insieme nel comune destino. C' è anche un bonaccione, Giovanni Zarrillo. E' un giardiniere conosciuto da tutti; si recava a piedi a Frattamaggiore per ascoltare il giornale radio. Vi è Michele Ferrara, ilare pirotecnico. Nel gruppo si trovano anche l'ortese Salvatore Romano, due giovani sottufficiali d'aviazione, il primo nativo di Trieste, Aldo Lazzarini, l' altro nativo di Palermo, Vincenzo Cannella. Arcangelo Chianese, un operaio vetraio di Napoli che si chiama Vincenzo Ricci, un ragazzo di diciassette anni, Oreste e Salvatore Costantino. Il drappello,giunto presso la casa del dott. Silvestre Gennaro, dispone gli uomini che piantatisi davanti agli ortesi puntano le armi, pronti a sparare. Il dott. Di Lorenzo vede forse il visino della sua bambina, Rosellina che gli fa dimenticare per un istante la canna minacciosa che tra poco lo ucciderà. Scariche tremende seguono a un ordine dato con un urlo che non ha nulla di umano. Di quegli uomini nessuno più rimane in piedi, giacciono a terra, sbattuti ai piedi del muro, in pose contorte. Assicuratisi dell'immobilità dei trucidati, paghi della loro feroce e barbara vendetta, i tedeschi ripartono. La sera è ormai scesa. Sul posto passa qualche ora. Quando il silenzio è pieno, uno dei massacrati apre timidamente gli occhi, muove un po' la testa per guardarsi accanto, vede un'ombra che sembra una scarpa a pochi centimetri di distanza e, subito la gamba di un compagno caduto scompostamente sull'erba. Solleva lo sguardo, osserva e vede neri capelli riversi, allora l'uomo comincia strisciare per partirsi da quel posto. E' Passariello che ha smarrito il senso del tempo, e anche la capacità logica. Non sa se siano passate delle ore o dei minuti. Quando riesce ad arrivare alle prime case, crede di trovare ancora dei tedeschi in paese; è guardingo, cerca di raggiungere un rifugio dove nessuno possa trovarlo, cerca della moglie. Racconterà, poi, negli anni che ancora vivrà questi suoi momenti interminabili. Le donne, nella piazza, sono state tutte rilasciate, insieme coi bambini.Gli uomini che sono scampati al massacro sono nascosti un po' dappertutto. Intanto tutta la popolazione si è rifugiata nelle grotte. In essa i tedeschi non hanno osato scendere; credevano di trovarvi degli uomini armati. Ma in realtà esse sono piene solo di donne e bambini, di vecchi e di malati. Le grotte hanno salvato la popolazione di Orta dalle incursioni e dai bombardamenti.Ciò che vedo in Città - Orta di Atella

1 commento: